SICILIA, TERRA DI GRANO

Nella civiltà Mediterranea l’uomo ed il frumento, da circa diecimila anni, hanno condiviso il loro percorso evolutivo, da quando l’uomo, divenuto agricoltore, passò da nomade a stanziale e cominciò a coltivare, insieme all’orzo, il farro monococco e, in seguito, il farro dicocco.

In Sicilia, si hanno notizie indirette di coltivazioni di frumento da reperti archeologici datati 7300-6500 a.c dove sono stati trovati paglia e cariossidi carbonizzate. Anche le sacre scritture parlano del grano, basti pensare alla parola “bet-leheni” che vuol dire casa del pane. Anche il mondo dei romani e greci ha parlato del grano, la dea greca Demetra ebbe una figlia da Zeus, Persefora. Persefora da ragazza venne rapita e si dice che Demetra, per la gioia di aver ritrovato sua figlia fece germinare il grano. Demetra fu adottata dai romani con il nome Cerere (da cui il termine cereale). La Sicilia divenne un vero e proprio granaio che i greci sfruttarono dopo aver cacciato i siculi.

Il frumento non ha tracciato solo la storia dell’uomo, ma ha tracciato, e traccia ancora oggi, l’ambiente paesaggistico del nostro territorio. In tutto il mondo e in tutte le riviste la Sicilia viene identificata con una calda colorazione del paesaggio e il giallo brillante su intere colline. Il grano è anche considerato come un marchio che identifica la Sicilia. La nostra isola è famosa per gli itineranti artistici di città in città, di paese in paese, ma il paesaggio predominante è senza dubbio quello plasmato dalla coltura del grano nelle diverse aree della Sicilia.

I GRANI SICILIANI

Sin dai tempi più antichi, la Sicilia è stata una terra particolarmente legata alla coltivazione del grano, tanto da guadagnarsi, ai tempi dell’antica Roma, il titolo di Granaio di Roma.

Il terreno e il clima favoriscono la crescita delle spighe e la naturale essiccazione. Il profumo del grano ha in Sicilia sfumature difficilmente riscontrabili altrove: i grani siciliani tornano a riempire i campi, a ricostruire i paesaggi, ad arricchire la biodiversità che da sempre ha contraddistinto l’isola.

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I GRANI ANTICHI DI SICILIA

Nel lungo percorso evolutivo del genere Triticum e della sua domesticazione, la Sicilia è stata da sempre tappa fondamentale di passaggio di svariati frumenti. Il grano ha trovato nell’Isola le condizioni ambientali per fissarsi in oltre una cinquantina di varietà locali ben precise, che raccontano cinquanta nomi, cinquanta storie, cinquanta luoghi e che hanno ancora molto da svelare a quella parte dei consumatori italiani che le sta riportando in tavola.

La minore quantità di glutine presente nei grani antichi siciliani fa sì che tutti i prodotti da essi ricavati siano più leggeri, digeribili e assimilabili, con minore probabilità di sviluppare intolleranze sempre più diffuse, probabilmente proprio a causa del consumo eccessivo di grano moderno.

Infine, i grani antichi, proprio perché autoctoni, sono molto resistenti e crescono spontaneamente senza richiedere l’uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi.

I Grani Antichi Siciliani sono per lo più caratterizzati da altezza della pianta molto elevata (mediamente superiore a 150 cm), tardività di maturazione e bassa produttività (spesso producono meno della metà delle moderne varietà).

Presentano un buon valore nutrizionale e salutistico, traducibile in termini di elevato contenuto in: fibre, proteine, glutine, antiossidanti, vitamine e minerali e basso o bassissimo indice di glutine.

PERCIASACCHI

Perciasacchi vuol dire “buca sacchi” e deve il suo nome alla forma appuntita della cariosside che bucava i sacchi di juta in cui era contenuto il grano durante il trasporto.

Se un tempo caratterizzava le colture in tutta l’isola siciliana, oggi si trova per lo più in aree circoscritte dell’agrigentino, grazie alla passione di chi nelle aziende agricole ha voluto mantenere viva la produzione di questa pianta e della farina.

Il grano Perciasacchi, autoctono siciliano, e il Kamut (o Khorasan per intenderci), sono lo stesso tipo di grano, cioè il Triticum turgidum ssp. turanicum.

Il Kamut, pur essendo considerato d’oltreoceano, ha infatti origine da semi recuperati in Europa. Tale versione attesterebbe la maggiore età della varietà Perciasacchi rispetto al Kamut, il cui marchio registrato risale soltanto al 1990.

Da un punto di vista nutrizionale presenta le stesse caratteristiche benefiche dei grani antichi, non avendo subito alterazioni genetiche.

Il suo indice glicemico è basso e rende possibile il suo inserimento in diete ipocaloriche. le proteine di glutine si presentano meno elastiche e in misura ridotta, ne risulta una farina idonea per chi predilige un’alimentazione povera di glutine.

Il clima caldo dell’isola consente a questa pianta di crescere senza che venga alterata dalle micotossine, spesso presenti in misura elevata nelle farine in commercio. Le micotossine sono molecole termoresistenti prodotte dai miceti, che possono provocare danni all’organismo umano su tessuti come fegato, reni e sistema immunitario.

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